È una delle fronde verdi ornamentali più note in Liguria di Ponente: il Ruscus è coltivato qui dagli anni Venti del Novecento, un vero principe di questo tipo di coltivazioni, ormai parte della storia del territorio.

La tipologia di Ruscus maggiormente coltivata in Liguria è la specie Danae racemosa, famiglia delle Liliaceae. Il suo sviluppo più importante risale agli anni 80/90 del secolo scorso, quando la superficie destinata a questa fronda passa da una decina di ettari a circa 100 ettari, superficie presente tutt’ora nel Distretto Ligure.
Il Ruscus, insieme a ginestra e mimosa, ha determinato un’impressionante modifica dell’orientamento produttivo: la superficie occupata dalle piante da fronda recisa supera quella destinata alle colture di fiore reciso.

Danae racemosa in colorazione naturale (verde) e diverse colorazioni artificiali

Negli anni molti studi sono stati condotti sulle aziende produttrici, dall’indagine dei Conti Colturali del 2012 (che ha coinvolto Regione Liguria, Distretto Florovivaistico ed ex-INEA) che ha analizzato i costi di produzione ed i bilanci aziendali, fino all’approfondimento sulle tecniche di coltivazione portato avanti dal progetto transfrontaliero Flore 3.0 (https://www.cersaa.it/wp-content/uploads/2017/03/Libro_FLORE30_12Feb2021_low.pdf).
Il ruscus viene coltivato mediamente su circa il 35% della SAU afferente alle aziende del campione rilevato negli anni 2012 -2017. Tale percentuale rimane pressoché costante nel corso degli anni per via della costanza del campione e per la natura perenne della coltivazione. L’importanza di queste coltivazioni, ha anche indotto l’AGEA a distribuire una serie di aiuti economici per contrastare la forte oscillazione dei prezzi che si è vissuta sopratto tra il 2010 ed il 2016.

In riassunto, il Ruscus Danae racemosa, è una pianta rizomatose ad accrescimento lento, significa che la nuova vegetazione viene emessa a metà marzo-inizio aprile ma termina la sua maturazione alla fine di luglio e, in idonee condizioni colturali,si conserva sulla pianta in ottimo stato fino alla primavera successiva.
Si tratta di una pianta sciafila, ovvero non ama troppo la luce solare, per questo è coltivata sotto un impianto di ombreggiamento, con stuoie o reti ombreggianti, con una luminosità compresa tra i 7.000 e i 9.000 lux. L’impianto si effettua con piantine di 5-7 anni di età, nel periodo compreso tra settembre e febbraio, con una densità di circa 15 piante/m2.

Il Ruscus Danae racemosa è detto anche Lauro di Alessandria ed è storicamente preferito dai fioristi come fronda recisa, ben adattabile a tante composizioni.

Il Ruscus ha origine europea e le varie specie sono molto diffuse nel bacino del Mediterraneo. Tutte sono arbusti sempreverdi, che si presentano con steli ramificati e foglie verdi fibrose (sono in realtà i cladodi, fusti secondari dalla forma oblunga che hanno la funzione delle foglie), e spesso fiori e bacche. In natura il Ruscus è una pianta da sottobosco.

Anche il cosiddetto “pungitopo” è un tipo di Ruscus, ovvero il Ruscus aculeatus, che, con le sue foglie verdi, pungenti, e le tipiche bacche rosse che lo contraddistinguono in inverno, ne fa una pianta molto utilizzata per scopi decorativi nel periodo natalizio. Oppure il cespuglietto del Ruscus hypoglossum, che in inverno fa fiori destinati a diventare bacche rossastre.

Il nome – Ruscus – ha testimonianze in età latina: così erano chiamati i rovi, o il pungitopo, che Virgilio cita sia nella “Bucoliche” che nelle “Georgiche”. «Che io anzi ti possa sembrare più amaro dell’Erba Sardonica, più irto del ruscus, più miserevole dell’alga infranta dalle onde, se per me questo di’ non dura già più d’un anno intero» (“Bucoliche”).

Ma se nel I secolo A.C. la pianta entra in letteratura, la citazione che ne fa Plinio il Vecchio nel I secolo D.C. ha un contesto molto più concreto: lo storico dice infatti che sia in Grecia sia a Roma il Ruscus aculeatus era usato per fare delle scope. Per lo stesso motivo, è anche registrato di frequente, nel tempo, il suo uso per la pulizia dei camini: un mazzo raccolto su un’asta lo rende la pianta perfetta per gli spazzacamini. Non sorprende che il mondo anglofono lo chiami butcher’s broom, cioè scopa del macellaio.

azienda Gennaro Giovanni, ruscus 2

C’è poca chiarezza intorno alla storia etimologica della parola Ruscus, che potrebbe derivare dal latino rusticus, cioè campestre, delle campagne. I rusticus, cioè la gente di campagna era infatti solita usare le fronde verdi con foglie pungenti per preservare i cibi, nelle cantine, dall’attacco dei topi, da cui il cosiddetto pungitopo. Va da sé che il simbolismo legato al Ruscus aculeatus richiami ancora una volta il suo aspetto pungente, visto che significa indipendenza.

Articolo di Alessandra Chiappori e Claudia Murachelli.

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