Sono il 7,5% le aziende agricole condotte in Italia da giovani agricoltori, che concorrono però al 15% dell’economia del settore. Imprese più dinamiche ed efficienti rispetto alla media, con una spiccata propensione allo sviluppo di filiere di qualità.   Il loro numero si è ridotto nell’ultimo quinquennio, ma a un ritmo inferiore rispetto a quello osservato – sempre in relazione alla componente giovane – nell’industria alimentare, nella ristorazione e nell’intero sistema economico nazionale.

A fine 2023, come rivela l’ISMEA nell’ultimo Rapporto Giovani e agricoltura appena pubblicato, le imprese agricole condotte da under 35 iscritte nei registri delle Camere di Commercio ammontavano a 52.717, in calo dell’8,5% rispetto al 2018, una flessione in parte motivata dalla generale tendenza al ridimensionamento del numero delle aziende agricole attive e comunque più attenuata rispetto al meno 12,4% rilevato per l’insieme delle imprese a conduzione giovanile. In una nazione in declino demografico come l’Italia – il Paese più vecchio d’Europa, con un rapporto tra giovanissimi e anziani di circa 20 punti sotto la media comunitaria (53% vs 71% della UE) – il problema dello scarso turnover generazionale accomuna tutti i settori economici. Uno scenario reso ancora più complesso, nelle aree rurali, dal gap in infrastrutture e servizi, ritardo che spiega i diffusi fenomeni di spopolamento soprattutto a carattere giovanile, ma che non ha impedito al settore agricolo, grazie anche agli incentivi della PAC, di assumere un ruolo in molti casi attrattivo nei confronti delle nuove generazioni.

In base ai dati del Censimento 2020, l’Italia è tra i paesi dell’UE con la quota di giovani agricoltori, sul totale delle imprese del settore, più bassa (pari al 9,3% considerando gli under 41 presi a riferimento dall’Istat), contro il 18,2% della Francia, il 14,9% della Germania e l’11,9% della media comunitaria. Alle aziende junior si deve però la creazione del 15% del valore economico complessivo dall’agricoltura italiana (misurato nei dati censuari dal Prodotto Standard), contro il 62% in capo agli agricoltori con età compresa tra 41 e 64 anni e il 23% degli over 65. La ricchezza generata mediamente da un’impresa giovanile agricola italiana, pari a 82.500 euro (valore ben superiore a quella del settore, pari a 50 mila euro), pur posizionandosi sopra la media UE è inferiore a quella francese e tedesca (la Spagna è invece dietro l’Italia). Al contrario, il valore per ettaro delle imprese giovanili italiane, pari a 4.500 euro, è doppio rispetto a quello europeo e francese, ma superiore anche al valore medio unitario generato da un’impresa giovane tedesca e soprattutto spagnola. Questo emerge anche per l’insieme delle aziende agricole e deriva dalla maggiore specializzazione dell’Italia in coltivazioni ad elevato valore aggiunto e di alto pregio (ortofrutta, floricoltura, viticoltura in primis). In termini di occupati, variabile che esprime una misura della vitalità imprenditoriale, la componente più giovane (under 35) ha registrato una crescita di 8 mila lavoratori su base annua, pari al +4,8%, raggiungendo le 183 mila unità. La crescita dell’agricoltura, per questa fascia di età, è di poco inferiore a quella degli altri settori economici e dell’intera economia, seppure molto distante dalla dinamica positiva delle costruzioni, in cui l’occupazione è stata fortemente sostenuta dai bonus edilizi.

Per il rapporto completo: https://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/12876

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